Il sogno è stato credere ai sensi
che volevamo infiniti. Non amore, ma una fune
stretta nella carne, dopo quel cercarsi
dei corpi tra le foglie e il cielo, il limite
dove ti lascio e con il sangue
di un patto crudele
sui muri scrivo
la stagione che c’era il mare.
E’ finire
di chiodi, respiro intrappolato nel vetro,
la matita spezzata dopo l’apnea e la pena
questo amore che non ha ali, ma branchie
e un amo conficcato nella gola.
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link a cui fare riferimento: http://spaziozero54.splinder.com/post/20031739/Il+sogno+%C3%A8+stato+credere+ai+s
La poesia fa parte del libro Nel solo ordine riconosciuto, L’Arcolaio di Gianfranco Fabbri, 2009