E’ di mani callose
di vesti nere
dentro gli occhi vinti
la mia rabbia
taciuta
non urlata
soffocata
nel grembo
asciutto
di una madre
sconsolata.
* (tratta da Itinerari, Centro Arte e Ricerche Meridionali, Cosenza 1997)
E’ di mani callose
di vesti nere
dentro gli occhi vinti
la mia rabbia
taciuta
non urlata
soffocata
nel grembo
asciutto
di una madre
sconsolata.
* (tratta da Itinerari, Centro Arte e Ricerche Meridionali, Cosenza 1997)
Versavamo chicchi di mais
in olio bollente
saltavano dentro la coperta calda
.
Solo in quella occasione indossavo il grembiulino fiorato, cucito dalla nonna con uno scampolo conservato nella cassapanca.
Tra le mie coetanee ero l’unica bambina che non portava nastrini tra i capelli, li avevo corti e neri e d’inverno li nascondevo in grandi cappelli.
Mi aggiravo per casa con il fedele bauletto, dentro portavo una lettera che la nonna andava scrivendo, a tappe, affinché la leggessi quando sarei diventata signorina.
Non la leggevo, non sapevo leggere ma la curiosità era grande e già pensavo a come aggirare l’ostacolo.
La nonna intanto scriveva adagio, le parole zoppicavano quasi come un bellissimo cavallo stanco dopo una corsa, a volte si fermava per cucire o rifiniva un abito con bottoni di perla.
A volte restavamo in cucina per ore tagliando bucce d’arancia che riponevamo sul termosifone.
.
Era già sera quando mia madre rientrava dal consueto viaggio quotidiano che la portava in scuole sperdute, mai stanca dei suoi bambini che difendeva spesso da un destino che li voleva al lavoro nei campi
soave profumo di nutrimento
dolce tepore di corpo materno
avvolge la stanza ovattata
or-me ridenti passeggiano
mi lasciavi con un bacio
a sera raccontavi giochi di altri bambini
.
Era bello dondolarci sulle sedie di vimini, immaginando di essere acrobati o spericolati trapezisti, ascoltavamo le canzoni di Mina.
Le mie due mamme, quella del mattino e l’altra della sera, cantavano a bella voce grandi braccia grandi mani avrò per te, intanto preparavano cerchi di pane a ciambella da addolcire col caramello fatto abbrustolire.
Imparavo ogni giorni numeri magici e deliziose esibizioni da mangiare e da sognare, poco prima di piombare nel sonno.
Avevi incartato per me,
per la ragazza che pensavi io fossi, il regno del drago d’oro
Se sbircio tra le pagine che odorano di violetta
saltello leggera come Alice nel paese delle meraviglie tra un volo e uno sbadiglio
dietro di me si addensano ombre diafane
camminano stelle fioriscono le storie che verranno
Poi mi sveglio nella terra dove mi ha cresciuto mia madre
nel suo segno
insegnandomi ad avere (le) ali dentro
22/01/2009
L’ho compreso lentamente.
Ti fa bello la mia vicinanza,
il guardarti che guardi me,
e specchi,
e rialzi il tiro,
e chiedi,
e poi taci,
e mi tocchi non toccandomi.
E’ l’assoluzione mistica
delle retrovie e le sue evocazioni sbavate,
la luce corrotta da mano e dei passi.
L’ho visto,
t’ho visto,
si diventa ciò che si ha accanto,
si finisce col reincarnare ciò che si ha accanto.
Ma non sempre la volontà decide la strada,
non sempre accade e suona male
la mano, l’abbraccio, l’altezza.
Ma io ho capito d’amarti,
quando il mio dare
ti faceva bello, senza misura,
e la mia assenza ti faceva uguale al mondo.
Ho compreso e ti ho tenuto stretto tra i denti,
gustando con la lingua il volto senza strade
di una nera resurrezione.
Poesia tratta da “Io innalzo fiammiferi” di irene Ester Leo (LietoColle, 2010)
apri il tuo universo all’ incanto
come un cigno eleva le ali
brilla come raro cristallo
canta l’inverno, le lacrime, l’assenza
asseconda i passi stanchi
risveglia arcobaleni assopiti
guarda in alto cosa la primavera ti ha dato
un ramo è fiorito.
*
dedicata a chi ti arriva al cuore, per caso, creatura di luce
Fiati, sguardi, voci
passi di fedeli trascinati nella polvere
sedimentati in queste pietre
vicoli impervi del promontorio garganico
Buio, folate gelide, pericoli di pellegrini
lontani da casa giorni
per secoli diretti alla basilica
.
Nel pomeriggio che si stinge indolente
lieve il fruscio delle ali dell’ Arcangelo
riaprire lentamente gli occhi
Pareti di roccia graffiate
ombre indefinite in viaggio verso il cuore della terra
dietro le sagome gli ulivi
sentinelle spietate del tempo nuovo che tarda
Misteriose vie dell’anima.
*
04/02/2008
sono raccolta
nell’isolario delle briciole
là dove solo i poeti o i matti
risiedono senza avere usci sprangati
nè lampadine per vedere ciò che un atomo di sole
solo illumina intero l’universo che gli sta nel petto.
*
ringrazio Fernanda per la possibilità che regala di portare suoi testi
questo è un frammento piuttosto datato ma “aperto” ad ogni incontro