Mi trovo (sarebbe meglio dire mi ritrovo) presso l’Officina teatrale” di Pino Casolaro che ospita dall’ 1 al 4 apile l’allestimento di sculture in cartapesta dell’artista salentina Monica Refolo.
La “cartapestaia” propone nel laboratorio teatrale una serie di opere realizzate secondo tecniche che fondono insieme le tradizionali abilità dei maestri leccesi con le nuove sperimentazioni.
La incontro e scopro una persona autentica oltre che un’artista che ama condividere i suoi percorsi con amici e visitatori.
Sta al centro della scena (poiché non dimentichiamolo questo è un teatro), si rivolge, come in un dialogo ininterrotto, ai suoi racconti scolpiti nella carta Mi parla molto schiettamente dicendo che le sue opere vanno lette da ciascuno e a suo modo, tuttavia se lo volessi potrei farle delle domande.
Dice poche cose della sua formazione, ricorda in modo vivo e asciutto la memoria della cartapesta, sua madre e sua zia figure maestre nell’arte e nel lavoro.

“Il parto di Medusa”
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Nella mattinata ho guardato attentamente i suoi lavori e mi piace ora soffermarmi con lei su uno in particolare dal titolo “Il parto di Medusa” . Monica parla del rapporto tra la vita e la morte espresse in due immagini complementari, due assiomi direi presenti e visibili chiaramente. La morte ha covato nel seno la vita e la vita è fuoriuscita dal grembo della morte, dalla gola tagliata di Medusa sono nati i figli.

“Il parto di Medusa”
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L’artista lascia che le emozioni passino dalla visione al profondo sentire, asseconda l’ occhio vigile che esplora, tocca, prova a capire o meglio sentire. Mi rendo conto di trovarmi in un mondo “riassunto”, tutte le sensazioni, anche il dolore, trovano ampio spazio e raffigurazione.

“L’anello mancante”
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Provo a dare un filo di parola al lavoro dal titolo “L’anello mancante”, lo chiamo a modo mio “l’albero-uomo in movimento”. Penso che contenga un espressione viscerale del dolore, un denudarsi semplicemente emozionante, infine un’accoglienza della sofferenza.
La figura- albero ha rami lunghi, aperti, attenti dunque alle cose, sensibili all’attesa della primavera.
Vedo che sta guadagnando il passo, annusa i profumi della terra, l’erba dirige i suoi rami-braccia alla vita.

“Maschera”
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Infine punto lo sguardo sull’opera fatta per l’occasione e in omaggio al luogo che ha accolto l’esposizione. La maschera occupa un punto magico, inondata da un cono di luce, sembra vestita di presenze che animano la scena e spiegano il copione.
Potrei restare qui a guardare ancora molto tempo poiché la “scrittura” svolta attraverso la cartapesta non conosce limiti di tempo, nutrendosi di passato, di sole (il sole infuocato che ha bruciato la carta), di insegnamenti che giungono dalla stessa esperienza dell’artista che si pone, fermo, in equilibrio e mostra in condivisione il suo giardino-mondo interiore.

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Un sentito grazie a Monica Refolo per averci mostrato, attraverso i suoi racconti visivi ed olfattivi, il rapimento che nasce dalla carta e dagli stracci che insieme formano le chartae maceratae.
Elina Miticocchio, 3 aprile 2011