“Alla finestra del sogno”, Lucia Merli

Accolgo e raccolgo le parole contenute nella dedica che Antonella ha desiderato farmi conoscere.
Voglio subito comunicarle che sono contenta per la sua creatura di carta e per il bene che questa (mi) regala.
Non penso di aver avuto un ruolo così decisivo nella sua volontà e desiderio di scrivere.
Ritengo, invece, che si trattasse di un bisogno “celato”, un ritorno necessario al colloquio interiore, forse soffocato oppure spento dalla paura di essere soli/sola.
Ripensare la vita “in poesia”, dialogare con le visioni, i personaggi, le cose umane e collegarle in frammenti, “versi sparsi” di un flusso continuo, senza tempo, anzi oltrepassato il tempo.
Come lei stessa enuncia in prefazione al libro Il pendolo fermo sul dolore “come un macigno sull’anima” ha determinato un lunghissimo letargo, una immobilità fissa tra sonno e veglia.
L’autrice invita a interrogarsi su quanto accade, a farlo per prima cosa con gli occhi, poi esprimerlo proponendo una “modalità” per far “fuoriuscire”ciò che resta dentro.
La poesia rappresenta l’urlo e il risveglio, e, aggiungo, il mezzo per dominare il tempo del dolore
“è segno questo che non tutto è perso” leggiamo in Letargo, uno dei primi componimenti della raccolta.
La scrittura di Antonella procede a scandagliare la stanza del dolore e non vede molti intervalli di luogo, solo istanti, fugaci passaggi come ombre sul viso.
Così si legge in Neve Gli fanno compagnia i miei istanti di felicità dove l’immagine del bianco appartiene all’ovunque, mentre l’uomo ha gambe pesanti (ed io leggo pensanti) quasi a dire che la serenità risieda in momenti di “bambini contenti”.
Leggendo Dolore mi sembra di vederla scrivere inosservata. Soltanto non osservata può dialogare col esso e dirsi sua “amica” mentre “siede come un macigno sull’anima”.
In Matrioska il dolore è memoria (Il dolore/madre) e vi è una dichiarazione “simile ad una matrioska la mia anima” in cui l’autrice suggerisce la compresenza di elementi a comporre la “casa” dei sentimenti e, in questa sfida, leggo la voglia di accettare/accettarsi senza più doversi difendere dai ricordi né dai sogni (“semi”).
Ora che la mia lettura prosegue, il cielo si sta rischiarando dopo una debolissima pioggia di finto ottobre e tra le pagine aspetto di incontrare un filo di vento chè fermi la corsa del tempo, di ogni sofferenza, dell’urlo, delle ombre, per tornare a scorrere in “un tempo lento”.
Elina Miticocchio, 10 ottobre 2012
*
Letargo
Un letargo mi avvolge,
è un rintocco di pendolo
tra sonno e veglia:
vegeto e palpito
come un ossimoro alla vita.
Osservo dal vetro
le foglie
una strada:
sono una guardona
estranea alla vita.
Poi succede,
succede e piccole perle
mi annebbiano gli occhi,
una pioggia di primavera:
è segno questo
che non tutto è perso
Neve
Neve, neve
ovunque neve
Esco
C’è
un pupazzo
dal sorriso amaro
circondato da bambini contenti
C’è
un uomo
che si allontana con capo chino
e gambe pesanti
Gli fanno compagnia i miei istanti di felicità
Dolore
E’ lì, è qui
io lo vedo, lo sento,
gli parlo al dolore.
Sono sua amica
(non volevo –
non volevo -)
ma lo sono
mentre mi siede
come un macigno
sull’anima
Matrioska
Ho chiuso una porta
ho chiuso due, tre, cinque porte
per non essere inghiottita
in un gorgo senza speranza
Ho lasciato
il dolore fuori
Simile ad una matrioska
la mia anima
Il dolore/madre
il sogno/seme
.
http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=867752