Vladimir Gvozdariki
C’era una volta un maestro che insegnava in un piccolo paese di montagna. Là esisteva una sola scuola elementare.
Che fatica arrampicarsi ogni giorno sul cucuzzolo del monte con la pioggia e con la neve e quante scivolate.
La mattina appena entrato in classe, per prima cosa, si toglieva le ali e l’aureola che teneva, invisibili, sotto l’ampio mantello.
Poi si sedeva e chiedeva ogni giorno ad un alunno di fargli una domanda.
***
Un giorno la piccola Agata, vinta dalla curiosità, gli rivolse a bruciapelo questa domanda.
– Ma tu maestro chi sei veramente? Non sarai mica
un angelo?-
Laura Barella
Tutti i bambini iniziarono a ridere, a darsi pizzicotti e a spingersi.
Il maestro con calma ed estrema cura estrasse dal suo mantello, a tratti bucato, una lettera ben ripiegata, la aprì e lesse.
– Sono un ladro dappoco, rubo di tutto, macchine rotte, bulloni, perfino rami secchi e poi sorrisi-
– Sorrisi?- chiese Piero di colpo diventato attento
-prendo tanti sorrisi e pensieri a vecchi e bambini- proseguì il maestro.
– E cosa ne fai?- continuò il bambino.
– Li trasformo in storie che poi diventano fiori- replicò l’insegnante.
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– Fioori?- Fu meraviglia generale.
Allora il maestro fiorista raccontò la sua identità con queste poche parole.
-Anche in inverno pianto fiori, sono rose, garofani, dalie, gigli di carta-
– Li curo tutto l’anno nelle tasche di questo logoro mantello, crescono con le vostre parole.-
– Ma non li vendo né li regalo a nessuno.-