brevi

Romina Dughero

Dughero

 

Petalo   sfiorato

accade una volta:

silenzio che è

.

un canto di acque

dentro la bocca   segreta

ventaglio di fiore

.

germogli i capelli

rami   aperti    a corolla

le mani            scritture e genesi

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da “stati del bianco”

Uttaporn Nimmalaikaew

Uttaporn Nimmalaikaew 

 

il silenzio quando è bianco lascia intra-vedere ferit(oi)e di luce
 
.
 
la pioggia le adombra
il vento le adorna
fiori concentrici di breve durata
 
.
 
Gocciola tepore
di foglie rigate
una carta da lettere

per-corsi (tra me e Francesca Ferrari)

Veronique Paquereau

Paquereau

 

                                                                                                                                                      e sia suono il tuo occhio e il passo che percorre il viaggio

 

Abbandonami suolo
ch’io possa spingermi
a pelo di cornea sfiorare
l’aria ch’io possa
rifrangere l’ombra
mia su te
orbitare

Non volevo un amore di Roberta Lipparini

Benjamin Lacombe

Benjamin Lacombe

 

Non volevo un amore

Mi bastava il suo contorno
visibile
alla luce della luna
Inesistente il giorno

Un amore da sfiorare
in certi momenti di abbandono

Un profilo su cui passare con il dito

Un’illusione
che prendesse vita con il vento
alla luce della luna
per un momento

Un amore senza nome
Vuoto da nuotarci dentro
Vuoto da sognarci attorno

Mi bastava sì…
il suo contorno

Inediti di Mariangela Ruggiu

Turkmen Alkan

Turkmen Alkan

 

Ci sono cose
che diventano vita
Solo se dormo

.

José Rodríguez

 

E’ un problema serio, m’innamoro
di ogni persona che incontro,
m’incanto al primo filo dell’alba
e mi ferisco ad ogni parola dura.
Poi taccio, perché l’amore dissente
dal disamore, e non compete.
Mi contorce il senso di tutto questo,
lo sguardo incredulo di chi compatisce.
Ci sono i matti innamorati di tutto,
ma sono pochi.

“Erano solo tre ciliegi” di Serena Castro Stera (Ed. Terra d’ulivi)

copertina erano solo tre-ciliegi-g

 

I tre racconti che incontro in “Erano solo tre ciliegi” di Serena Castro Stera sono passi ritrovati in un territorio e dialogo che s’apre e induce a parlare.

Pagine attraversate dal vento freschissimo e impetuoso e veloce delle parole, agili capriole di fatti,volti,voci, memorie e ombre.

Uno sguardo onnicomprensivo sul mondo unito ad esprimere il proprio rapporto con la natura in termini di prossimità connotano le tre storie che si porgono come atto di restituzione all’altro (il lettore) di un’esperienza ricevuta.

Se vi è un filo sotteso agli scenari narrati potrei trovarlo nel tempo poiché qui esso diventa materia.

Vi è un tempo che si tocca, si sente, si vive come proprio, si reinscrive incarnato e questo lo osserviamo in Jamila, poi vi è un tempo che scivola estraneo, una superficie-oggetto che produce, nel suo trascorrere, dolore e lo ritroviamo in Ursic, l’altra protagonista femminile del primo racconto.

Al tempo così diversamente atteggiato corrispondono i sentimenti e l’atto relazionale che connota le diverse figure. Jamila ama la vita, quella che porta in grembo e la sua, tanto da unirla alla sorte di “tre bellissimi ciliegi centenari”.

In lei è il sogno e la sua felicità potrà compiersi solo nel rispetto di quel filo che la lega, intimamente, alla dignità della natura. Abbattere quegli alberi vuol dire sacrificare tre vite.

 

‘…

Quella mattina si svegliò decisa a provarci. Cucinò una focaccia

al curry da portare in dono e l’avvolse in un panno umido per tenerla

fragrante. Si spazzolò a lungo i capelli neri riflettendo sulle

parole che avrebbe usato nel perorare la causa rendendosi conto

che, a orecchie dure, la questione poteva sembrare inconsistente

seppure per lei le ragioni erano tutte evidenti nella forma di tre

bellissimi ciliegi centenari.

Tre vite, mille piccole vite, linfa di tronco, gemme e poi foglie e

frutti e noccioli sputati e insetti e vermicelli grassi di frutta e uccelli,

nidi, cornacchie, riposo di migratori in transito e un giorno

quel suo prossimo figlio che si arrampicava.

Prese l’automobile e andò.

…’

Diverse sono le ragioni di Ursic, custode di ricordi legati alle tragiche vicende che hanno segnato quelle terre.

 

‘…

Una volta i vecchi

li rispettavano. Il loro ‘no’, era no e basta. Lei non ha rispetto della

mia vecchiaia, della mia memoria. Potrei avere una ragione ben più

valida delle sue debolezze da donna incinta”. Stette un po’ in silenzio,

come raccogliendo le idee, appoggiando le mani asciutte

allo schienale della sedia di fronte alla sua.

“Viene qui con il suo pancione e le sue focacce a tentare d’intenerirmi!

Qui il cuore non c’entra. Sono le ragioni della mia memoria

di fronte alle ragioni dei suoi sogni”. La voce rotolava ruvida

come i sassi di un ghiaione.

“In quel pezzo di terra potrebbe esserci seppellito il mio cane,

potrebbe essere stato versato sangue in guerra. Ho le mie ragioni

e a lei deve bastare. Deve fidarsi di me, deve rispettarmi. Il mio

mondo vale meno del suo sogno? Ora vada, ho da fare”, disse. Ed

incurante di vento e foglie che entrarono in un sabba gelido, le

tenne perentoriamente aperta la porta.

…’

 

Alla fine gli alberi saranno abbattuti poiché l’esigenza di una casa per Jamila impone il sacrificio della loro tenerezza.

Negli altri racconti l’albero e il rapporto con il giardino-terra alludono all’atto dello scrivere, momento poetico e tenerissimo, che diventa giardino in cui stare, da coltivare anche in silenzio, con voce propria, ogni giorno, per far affiorare e fiorire la bellezza di trovarsi nel mondo.

Riecheggiano in me alcuni versi, sono di Marcos Ana, li lego a questo foglio e attimo di voce.

“La mia casa e il mio

cuore

mai chiusi che passino

gli uccelli, gli amici,

e il sole e l’aria”

Sia buono il tempo di ogni nostra lettura poiché dalle parole e dai colori che esse portano quotidianamente traiamo sostanza e terra.

istantanee

stampa coreana della dinastia Joseon (1392 – 1910). Farfalla e fiori di Glicine cinese di Xu Xi, 950 ca.

Farfalla e fiori

 

Un’attimo di stanchezza
e tra un prima e un dopo
la vita passa intera
E’ un fiore vicino
è un sogno di acqua

.

Shoko Okumura

Shoko Okumura

 

Gocciola d’attesa

l’ultimo gradino

E’ zuffa estiva