da “Coniugata con la vita. Al torchio e in visione” di Miriam Bruni

Coniugata con la vita

 

 

E alle venti le ombre

mi allungano le gambe.

 

Ho una sottile invidia

per quelle mobili fronde,

 

ancora svettanti e illuminate,

mosse dal vento, scarcerate.

 

Ma ce l’ho anch’io la luce,

negli occhi e nella mente:

 

un’empatia profonda,

con tutto ciò che vive e sente.

 

Ed ora, ogni volta

più in fretta e più sicura,

 

affondo nel tuo cuore,

uomo – come una scure –

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Daniela Rosi. Incisioni

IL VOLO maniera allo zucchero-acquaforte

IL VOLO

 

Sfoglio, adagio, i fogli di luce di Daniela Rosi come un primo ascolto, come una scoperta. Mi sono giunti per posta, contenuti nel bel catalogo, permettono l’incontro, la conoscenza della sua arte. Spesso passeggio tra le pagine, è una verde passeggiata.

Abito con lo sguardo luoghi ancestrali, irriconoscibili se percorsi velocemente, inanimati poiché nati dal silenzio e silenziosi come l’anima che scava nel segreto del proprio mondo.

Le immagini-creature recano un’esperienza, portano i semi del loro viaggio, parlano il linguaggio del segno.

Ho chiesto all’autrice di dialogare con me, di riflettere insieme sul suo lavoro calcografico.

Proveremo, a distanza, ad illuminare le pagine di questo quaderno attraverso alcune sue risposte.

 

 

LA LUCE E IL SILENZIO acquaforte

LA LUCE E IL SILENZIO

 

“Da dove nascono i soggetti delle incisioni e dove accade l’incontro tra la natura e l’immaginario?”

 

I soggetti delle mie incisioni, nascono osservando, direi quasi con morbosità, tutto ciò che mi sta intorno, anche le cose più banali e transitorie, che in realtà, già appartengono alla sfera del mio intimo.Dal paesaggio al particolare, tutto viene filtrato dalla mente, sedimentato e plasmato dall’anima, rivissuto emotivamente e poi reso cercando la fusione fra il naturale, il riconoscibile e l’esperienza spirituale del sentire, dell’immaginare, del sognare.Nascono così spazi bagnati di luce, alla ricerca di particolari atmosfere, spazi fatti di silenzio perchè il silenzio è la condizione ideale per un reale lavoro di introspezione, per ascoltare gli appelli della mente e dell’anima, per capire se stessi e il proprio intimo sentire e rimanere in bilico fra memoria e desiderio, fra sogno e realtà….ecco dove accade l’incontro fra natura e immaginario, semplicemente nel silenzio dell’anima, tradotto sulla lastra dalla linea dell’orizzonte a separare la terra dal cielo, quasi specularità opposte, ma complementari.

 

“Percepisco un tuo amore per la natura profondo e sacro. In che rapporto è con l’anima? Può l’anima abitare le cose della natura? Può l’anima essere casa della natura?”

 

Sicuramente si…l’anima è casa della natura e può abitare la natura, in una misteriosa fusione tra spirito e materia, indissolubile legame di straordinaria armonia che rigenera giorno dopo giorno la mia stupita meraviglia nei confronti della vita. Solo così è possibile nutrire e dissetare la mia anima. Sentirmi essenza dentro una natura che mi abita e mi infonde poesia e bellezza.

 

 

COROLLE acquaforte

COROLLE acquaforte

 

“Di tutta evidenza è, nelle tue opere, l’assenza della figura umana. Vi è un significato in questo che posso intuire e di cui vorrei che mi parlassi”

Nel silenzio dei miei paesaggi corre un messaggio forte: la nostalgia per una natura intatta, dove l’uomo sarebbe soltanto un elemento di disturbo, incapace di vivere in simbiosi con il mondo, avendo la presunzione di esserne il prescelto dominatore e profanatore.Solo nelle opere che hanno per tema i miei viaggi in Africa, sono riuscita a inserire delle piccole “icone viventi”incise nella materia stessa, miniaturizzati e stilizzati emblemi: gli orizzonti bassi e le figure a dire che noi -terrestri e terreni – tendiamo al grande campo dei cieli.

 

“Può l’uomo, potrà un giorno, ritrovare un equilibrio perduto, riscoprire negli elementi del sogno i suoi frammenti dispersi poiché di fatto egli è frammento di cielo? Potrà aiutarlo l’arte, la sua fruizione e il suo dono “in condivisione”?”

 

Noi siamo terra e orizzonte nella misura in cui respiriamo l’infinito, che i miei cieli sono vaste campiture che spaziano, con tutte le loro trasparenze, come una dimensione possibile, come un respiro dell’anima, come immagine del nostro divenire. Questo il mio messaggio. Io voglio sperare che la poesia e il sogno possano, di nuovo, indicarci la linea ideale del nostro migrare, ma intanto siamo arrivati ad un punto di quasi non ritorno, ce la farà l’uomo a riconoscersi, ancora, in un frammento di cielo? Il dubbio è davvero grande.

 

“Nei tuoi lavori che ruolo ha la luce, la sua osservazione, ha senso credere nel suo respiro,nel sigillo di libertà che reca?”

 

La luce è rinascita, è vagito, è respiro, è la vita di cui ci si riappropria una volta usciti dal nero del bozzolo, è il battito della mie ali, i miei occhi innamorati, il mio essere madre, è il mio modo di arrivare al cielo. Si, è proprio la mia libertà.

 

 

 

A Etty Hillesum di Nicoletta Nuzzo

Immagine Christian Schloe

Christian Schloe

se questo provare un dentro

è stato il mio primo gemere

e risuonare di vuoto e silenzio adorabile,

se il tuo fiato mi ha dipinto e la tua voce mi ha addomesticato,

se questo dire e non dire ha allargato il respiro,

se l’oscuro del nascere è cavità di parola,

se sono stata di questo cielo e terra e non lo so ricordare,

se aiuto il cristallo più acceso dentro di me a non spegnersi,

se c’è un Tutto dentro di me in cui risorgere

 

(Nicoletta Nuzzo da “Amata voce” di prossima pubblicazione)

RIVELAZIONE di Valentina Rinaldin

Sibilla, Rivelazione – Octavia Monaco

Octavia Monaco

 

Improvvisa irrompe
la slabbratura del tempo.
Squilibri sottili si mostrano
il corpo si fa presente
reclama i fili sottratti,
le fratture sottilmente scavate,
i sensi a lungo inascoltati.

La vertigine rapisce sull’orlo di precipizi
inesplorati.
Annaspo, mi sporgo, mi perdo
nella nebbia di viscere troppo a lungo scisse.
Infine, un attimo prima dell’oltre
mi sento.

Il pensiero lascia ciò che troppo a lungo ha sottratto.
Respiro.

Nella bellezza della pausa scopro la libertà del fiato.
Feritoia d’anima, alveo del tempo,
incarnazione del nostro essere qui.

Respiro.

E in questo fiato rinasco.