Francesco Paolo Dellaquila legge “Le stanze del vento” di Elina Miticocchio

Le stanze del vento SECOP edizioni 2016. Prefazione di Angela de Leo.

Opera in copertina ‘Come un albero’ di Anna Redaelli

copertina

 

“Le stanze del vento” di Elina Miticocchio è un libro elegante, accurato, metodico, con andamento delicato come la melodia di un coro di voci bianche dove tuttavia si possono recepire diverse forme tonali, espressive e con un grande effetto di ‘retrogusto’. La poesia, nella sua apparente semplicità, richiede un’accurata oculatezza per metabolizzare ogni livello del pensiero della poetessa, per meglio distinguere le ‘forme’ dei contenuti e rintracciarne le immagini poetiche create. Ed è un pensiero che si sprigiona (e si legge) in ogni singola parola per poi completarsi in una valida sintassi poetica.
Il miracolo della poesia di Elina si compie anche attraverso accorgimenti spesso involontari che innescano proprietà indispensabili come il ritmo e la musica! “Mi allontano / a piedi scalzi / dalla terra nutrice / e casa paterna”. Analizzando questi versi possiamo constatare qual è la condizione che produce il suono: innanzitutto la presenza di parole piane poi l’innesco attraverso l’uso si sillabe ripetute come la “erre” in: terra / nutrice / paterna. Come anche la “enne” finale nel primo e nell’ultimo verso come cenno di rima.
Ed ancora: “prima di svegliare il silenzio / attorno riponeva i sogni / tessuti nei suoni del vento / in terre di rinnovata memoria” Qui troviamo la “enne” come sillaba da collante tra un verso e l’altro.
Sono ricami, decorazioni, ornamenti di parole, sono creazioni intessute con ago e filo. La pacatezza dell’andamento non manca di sussulti come nel gioco di una bambina che indossa parole pensando al futuro, come non mancano intuizioni apprezzabili di una poetica innovativa e moderna.

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Eccesso di luna

eccesso di luna

 

Eccesso di luna. Editore Rupe Mutevole.

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Leggendo la silloge poetica di Nicoletta Nuzzo ho ripensato alle fiabe infantili e al mio leggerle trasognato.

Ogni lettura era un viaggio e bisognava sporgersi, oltre il proprio corpo, affinchè il mondo incontrato non sbiadisse, una volta riposto il libro.

Era quella la magia dell’incontro con la “viva densità delle parole”.

Ho mantenuto questa attitudine ad abitare le parole, a protendermi verso, a convocarmi, oltre lo specchio di un registro reale.

Le poesie presenti nella raccolta Eccesso di luna distillano colori di vita e paesaggi pieni di personaggi.

Ci sono anch’io tra queste creature reali. Eccomi mentre scrivo le mie tracce raccolte in “semi di parole”.

Che ruolo ha il tempo lo dice la nostra poetessa nel testo “Mandarini”, una poesia fatta di odori e ricordi, piena di sguardi e trame. Riesco a gustare quella “frutta di mandorla dipinta a mano”.

La caratteristica che tratteggia l’opera è appunto la facilità che potrà incontrare ogni lettore attento di compiere continui attraversamenti.

La poetessa ci insegna a camminare oltre la linea di demarcazione abituale tra reale e rappresentato, fino a fare degli occhi lo strumento del viaggio, nel racconto che si manifesta reale in uno spazio simbolico.

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Semi di parole

ho continuato a leggere e confermo

c’è una forza primaverile,

è da ieri che ci penso,

in questi tuoi versi ci sono dei semi di parole e di vita

che si donano reciprocamente

e in questa fecondità il vuoto si assottiglia

(Poesia a me dedicata da Nicoletta Nuzzo, presente nella sua silloge poetica “eccesso di luna”, Rupe Mutevole Edizioni 2017)

Ho sognato

Josephine Ryan

Josephine Ryan

Ho sognato di guardare il cielo, nient’altro che il cielo e poi ci sono cascata dentro. Mi sono persa nei nascondigli delle nuvole, nella loro pancia di ovatta.
Accucciata in un lembo, ho sentito la mia piccolezza.
Ora sono sveglia e mentre scrivo guardo un pezzetto di cielo e sono non piu’ materia di sogno ma anima spirituale in ascolto.