
Tuccillo, invece, un sogno ce l’aveva, passava ogni pomeriggio davanti casa mia. Lui voleva volare come un angioletto.
Ogni volta che vedeva passare qualcuno si toglieva il cappello, lo buttava a terra e iniziava ad agitare le braccia come a voler spiccare il volo.
Le persone amavano il suo sogno e partecipavano con occhi pieni di curiosità: aspettavano di vederlo spiccare il volo un giorno o l’altro. Tuccillo vedeva i loro volti contenti e agitava le braccia ancora di più. Lui eseguiva: «Tuccillo, fai l’angioletto»
«Fai l’angioletto» ripeteva e cercava di spiccare voli con le sue braccia assurde, ma quando lo accerchiavano e iniziavano a schernirlo, Tuccillo si sedeva a terra e piangeva e io volevo andargli vicino e dirgli: le tue braccia non sono ali. Tu non potrai mai volare.
La folla lo incitava, invece, e mi allontanava: non volevano perdere il loro passatempo, il dimostrare quanto lui fosse malato. Perché per loro era solo un malato, uno squilibrato. Questa era la bontà che i poveri mostravano! Questi erano coloro che meritavano di entrare nel regno dei cieli.
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tratto da “La voce delle pietre”, Edizioni Smasher 2016