Mi approssimo alla voce di Elisabetta Maltese. Alcune scritture che mi ha inviato sono motivo del mio ascolto. Traggo alcune osservazioni, poche e circoscritte allo spazio del foglio riempito, inchiostrato, dai suoi testi.
Quando leggo parole che non conosco, poiché voce di autori che ancora non ho incontrato, ho spesso brevi visioni. Qui appare l’urgenza e l’evocazione di due elementi, che tornano a dialogare, a dirsi, a scambiarsi la voce-veste. La musica (“nota”) e la parola (“carta”).
Entro questi confini, nel passaggio dedicato tra “endecasillabi” e “sillabe”, accade lo spazio e il tempo, percepiti inter-mittenti, a sguardo presente, a cogliere quasi osservazioni pensose.
E’ un osservare vigile, ritmato, in contatto con ogni punto del percorso che l’occhio traduce in ogni istante.
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Emil Nolde
endecasillabi
Io scrivo per legittima difesa
sono in piazza e lo striscione è di rosso
rabbia per chi non può persino inchiostro
il suo diritto e il mio dovere urgente
grido a rigo di voce sulla carta
di donne figli uomini e di animali
fatti minimi storie da sfatare
che non mi basta il dire o ragionare
è troppo poco – fa vergogna – e allora
conto le mie sillabe come note
di un notturno ne seguo l’incombenza
il suo eseguirlo adagio come posso
restituisco alla mia fortuna il volto
in ombra a rendere più sopportabile
del giorno il piccolo da trasformare.
carta vince pietra
C’è una misura sottile uno spazio
fra le parole quasi un punto e virgola
volubile come nuvola a marzo
incerto come respiro di donna
in resa o amore. È distanza difficile
da misurare e a guardarla il sorriso
si finge sasso bianco e scintillio
di sguardo, confuso. Eppure
chiude il cerchio delle dita intrecciate
prima del dopo libero di andare.
E si rinasce si rinasce sempre
ché carta vince pietra lo sappiamo
da bambine.
in-tanto una non esistenza giova
un vuoto dove riporre le cose
un ciclico ricambio cellulare
ché nata femmina educata madre
mi permetta di partorirmi donna
dichiarando vita. Tu che sei nato
uomo (ti prego) cerca di capirmi.